Quando si effettua un intervento di efficientamento energetico che prevede la realizzazione del cappotto termico e, nello stesso tempo, anche la sostituzione degli infissi, è importante fare attenzione al tema dei ricambi d’aria per evitare la formazione di condense e, nei casi più gravi, muffe.
Vediamo quando si presenta il fenomeno della condensa superficiale, quali sono le cause e quali le possibili soluzioni.
La condensa superficiale consiste nella condensazione del vapore d’acqua che avviene all’interno degli edifici: sulla superficie interna di pareti, infissi, solai ecc.
La formazione della condensa superficiale può essere dovuta a due condizioni diverse:
La condensa porta a formazione di macchie di bagnato e, in seguito, alle muffe.
Dunque, come vediamo anche nel diagramma psicrometrico la formazione di condensa superficiale dipende da: temperatura in °C dell’ambiente (asse orizzontale) e dai valori di saturazione del vapore in g/kg (asse verticale). I due valori si incontrano nelle curve di umidità relativa.
La UNI EN ISO 13788:2013 consiglia di considerare un’umidità relativa dell’80% come valore per cui si può avere la formazione di muffe e funghi, anche se può accadere per valori inferiori.
La condensa superficiale, dunque, può essere dovuta a:
I valori da tenere monitorati sono:
La formazione di condensa supericiale porta come prima conseguenza alla formazione di macchie e muffe e, nei casi più gravi, al degrado dei materiali e degli intonaci con possibili danni alle strutture e, quindi, alla sicurezza di chi abita in quegli edifici.
Per rilevare le condizioni che portano alla formazione di condensa – ponti termici, temperature superficiali superiori a quelle di rugiada – si possono usare diversi strumenti:
Per verificare la trasmittanza o la stratigrafia degli elementi opachi, invece, sono consigliati: il termoflussimetro, le videoispezioni o i carotaggi.
Ci sono varie soluzioni per risolvere il problema della condensa superficiale ed evitare la formazione di muffa tra cui l’installazione di un cappotto termico esterno – approfittando del Superbonus 110% – con attenzione alla riqualificazione del davanzale e del cassonetto delle finestre.
Il cappotto termico interno non è consigliato perché deve essere interrotto in vari punti e va così a creare altri ponti termici oltre che a togliere spazio agli ambienti, e a modificare le condizioni illumino-ventilanti, importanti perché un edificio si possa ritenere abitabile.
Oltre ad optare per un cappotto esterno è bene anche fare attenzione ai materiali isolanti che si usano. Spesso, si è in dubbio sull’uso del polistirene o della barriera al vapore perché si pensa che riducano la traspirabilità. In realtà non si deve confondere la traspirabilità delle strutture, utile per esempio per smaltire l’umidità di costruzione, con la possibilità da parte delle pareti di “cambiare aria” e smaltire il vapore acqueo prodotto negli ambienti interni. Il flusso di vapore acqueo disperso attraverso le pareti è infatti praticamente trascurabile rispetto a quello garantito attraverso l’apertura dei serramenti e le infiltrazioni d’aria degli stessi.
Il ricambio d’aria, e nello specifico, la ventilazione è la principale soluzione alla formazione di condensa superficiale all’interno degli edifici, come vedremo nel dettaglio in un prossimo articolo. Se sei interessato all’efficientamento energetico degli edifici segui gli aggiornamenti sulle nostre pagine Facebook e Linkedin.
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